Bizzarro, geniale, di immensa cultura, Hieronymus Bosch ha sovvertito tutte le regole del suo tempo. Con grande ironia, ha messo in scena i conflitti dell’uomo davanti alle imposizioni morali della religione, alla caduta nel vizio e a un destino infernale. E perfino la psicanalisi ha cercato di interpretare le sue opere visionarie.
Fu il vero outsider del suo tempo. Anticlassico fino al midollo, se per classico si intende un cultore di quelle belle forme, appannaggio del nostro Rinascimento. Alle regole dell’armonia e della ragione, Hieronymus Bosch pseudonimo di Jeroen Anthoniszoon van Aken (1453-1516), preferì l’arbitrio dell’istinto, la deformità come emblema delle poliedriche facce del male, che mise in scena in dipinti brulicanti di figurine ironiche e grottesche, cariche di significati multipli, dalle profondità inafferrabili.
È con tutto il suo mistero, la sua forza d’attrazione, la sua ricchezza immaginifica, che la pittura dell’artista olandese è a Palazzo Reale di Milano fino al 12 marzo, protagonista di una retrospettiva d’ampio respiro, forte di prestigiosi prestiti internazionali: Hieronymus Bosch e un altro Rinascimento.
Le citazioni di Hieronymus Bosch
Occasione imperdibile per osservare da vicino quelle visioni dettagliatissime cui guardarono, con stupore, curiosità e ammirazione, contemporanei e non. Da Pieter Brueghel il Vecchio ai surrealisti: Salvador Dalí, Max Ernst, Yves Tanguy. Rock compreso.
Per la copertina del loro terzo album (Deep Purple III) i Deep Purple scelsero L’inferno musicale, dettaglio del Giardino delle delizie oggi al Prado di Madrid. Maliziosi satanassi, creature demoniache, uomini-mostri, germinazioni fantastiche affollano i mondi di Bosch, deliranti fino all’allucinazione, ma, in fondo, parabole illustrate sull’eterna lotta tra bene e male, vizio e virtù.
Sopravvive in lui, forse il più grande indipendente nella storia dell’arte, l’antica paura dell’uomo medievale al pensiero del castigo divino, della dannazione eterna, dell’inferno. Che la sua sfrenata fantasia immagina compiaciuta come un repertorio esilarante di tormenti.
Dove trovare le sue opere
Nel Trittico del Giudizio di Vienna gli inferi sono un’immensa, disordinata, assordante cucina. Dove tra i dannati c’è chi viene spadellato, chi infilzato, chi invece triturato come una polpetta. Artista bizzarro, geniale, di immensa e raffinata cultura, Bosch attinse da un’infinità di fonti: testi di alchimia e astrologia, libri dei sogni, i tarocchi, le correnti mistiche del suo tempo.
Irriducibile estimatore dei suoi lavori fu Filippo II di Spagna, che ne fece man bassa tanto da lasciare al suo Paese il più alto numero di opere al mondo. In Italia ce ne sono tre, tutte conservate alle Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Articolo tratto dal numero invernale di Robb Report
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