In oltre un secolo di storia Aston Martin è sopravvissuta a diverse crisi. Grazie a una classe e un’eleganza senza confronti. E a un “influencer” come James Bond, che l’ha fatta conoscere nel mondo.
Da quasi 60 anni, cioè da “Missione Goldfinger2 del 1964, James Bond ne ha combinate di tutti i colori con le sue Aston Martin. Dalla prima DB5, che poi è periodicamente ricomparsa in blockbuster successivi, compreso l’ultimo “No time to die” del 2021. Dove è comparsa anche quella specie di astronave da un milione di euro e mille cavalli denominata Valhalla. Che ha già avuto il battesimo del fuoco (mai espressione è stata più azzeccata) tra le mani dell’agente segreto per eccellenza, sebbene la casa britannica non abbia ancora cominciato a consegnarla a chi ha già ossigenato le casse di Gaydon, Warwickshire, con caparre sontuose.
Aston Martin, 110 anni e non sentirli
Ma la vita pericolosa di 007 – al volante e non – pare meno complicata di quella di un dipendente statale se confrontata con i tormenti dell’azienda Aston Martin nei suoi 110 anni di esistenza. E se la casa britannica è sopravvissuta a innumerevoli crisi economiche e cambi di proprietà, una parte di merito va proprio a un testimonial straordinario come Bond. Forse anche più benemerito di re Carlo III, da sempre fan e felice utente di Aston Martin.
O meglio, diciamo che 007 ha divulgato urbe et orbi l’eleganza di queste vetture, imponendole come icone di stile e di eleganza, a prescindere dagli svarioni dei contabili e degli ingegneri britannici, che qualche problema nel calcolare le solvenze e nel curare l’affidabilità l’hanno sempre avuto.
Il successo di Aston Martin
Gli ingredienti sono questi, dalla notte dei tempi. Design inconfondibile, classico al di là dei tempi e delle mode, sempre fedele a sé stesso e riconoscibilissimo anche da chi non si è consumato gli occhi sui libri di storia dell’auto. E un’artigianalità faraonica altrettanto inconfondibile nell’abitacolo, per il quale da sempre si usa più legno e pelle di quanto non facciano gli arredatori di fiducia dei Windsor.
Ma le proprietà più recenti – tra le quali c’è stata anche la Investindustrial di Andrea Bonomi tra il 2012 e il 2020 – si sono date da fare per migliorare gli aspetti tecnologici, stringendo un accordo con la Mercedes, che ha cominciato a fornire all’Aston Martin (e al suo team di Formula 1) i motori e non solo, in cambio di azioni.
La nuova DB12
Oltre ai tedeschi, nel consorzio che gestisce oggi il brand inglese ci sono il miliardario canadese Lawrence Stroll, cinesi e arabi, e la nuova DB12, appena presentata, è l’esempio di come tradizione, classe, prestazioni ed efficacia possano convivere se dietro un progetto ci sono teste pensanti e portafogli pesanti. L’ultima coupé, alla quale seguirà presto la spider, ha quasi 700 cv, raggiunge i 325 all’ora, costa 230mila euro e ha la tecnologia più aggiornata che c’è. E può giocarsela con le supercar italiane e tedesche anche fuori da un set. C’è di che brindare. Naturalmente con un Vesper Martini Cocktail, agitato non mescolato.
Articolo tratto da numero autunnale di Robb Report
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