Il nuovo Omakase di Ronin convince per l’autenticità dell’esperienza offerta ai commensali.
Una luna elettrica illumina il cielo di Milano, sospesa tra passato e futuro. È un bagliore che racconta di antichi rituali della tavila e nuove contaminazioni, in un equilibrio perfetto che trova casa al secondo piano di Ronin. Hatsune Zushi ha da poco aperto le sue porte, portando con sé un’eco di Tokyo e un soffio di Oriente nel cuore pulsante della china town milanese.
Hatsune Zushi, un nome che suona come la primavera
“Suono di primavera” – Hatsune è il nome dello storico ristorante della famiglia Nakaji, un celebre locale nel quartiere di Ota, a Tokyo. Qui, il titolo di shokunin si tramanda da quattro generazioni, un’onorificenza che appartiene solo a sette grandi maestri del sushi nel mondo. Katsu Nakaji è uno di loro, custode di una tradizione che ha affinato con il tempo e una dedizione assoluta.
Dopo il successo dei suoi pop-up all’interno di Ronin Shokunin, il maestro Nakaji ha scelto Milano per il suo primo ristorante permanente fuori dal Giappone. Hatsune Zushi at Ronin è un’esperienza omakase che trasporta gli ospiti in una dimensione parallela, dove il tempo si dilata e il palato si immerge in una sinfonia di sapori puri e raffinati.
L’arte di un gesto perfetto
In questa sala omakase intima ed esclusiva, solo dieci commensali per turno siedono davanti alla maestria di Nakaji e dei suoi allievi, Shuhei Takekawa e Hayato. Ogni sera prende vita un percorso gastronomico fatto di dettagli millimetrici, gesti misurati e una precisione che rasenta la perfezione.
Qui il riso non è mai un semplice accompagnamento, ma il cuore stesso del sushi. Viene cotto nel kamado, una speciale pentola chiamata hagama, e poi spostato in una ciotola di abete. Il segreto è l’armonia perfetta tra acidità e dolcezza: una miscela di aceto di riso e akazu, l’aceto di fecce di sake maturato per quattro anni, concesso solo a pochi selezionati chef.
La temperatura è tutto. Il sushi si degusta con le mani, perché il contatto diretto permette di percepirne ogni sfumatura. Non è mai freddo e il gusto del riso evolve nel tempo, inizia con una nota più pungente e, mentre la cena avanza e il calore si disperde, diventa più rotondo e avvolgente.
Hatsune Zushi, materia prima e rispetto assoluto
Ogni ingrediente è una dichiarazione d’intenti. Il tonno si declina in due tagli distinti: la parte dorsale, dove acidità e umami si incontrano, e l’otoro, la ventresca, un equilibrio perfetto tra muscolo e grasso, marinato con shoyuzuke, una salsa di soia che ne esalta la profondità aromatica. Alla temperatura ideale di 28 gradi, il tonno si fa morbido, quasi fondente.
Il branzino viene marinato sotto sale e aceto per 24 ore, un trattamento che concentra la sapidità e lo rende così intenso da richiedere solo un velo di wasabi. Le capesante, invece, riposano per un giorno avvolte in alga kombu (kobujime), assorbendone ogni sfumatura di gusto. Lo sgombro si lascia attraversare dalla freschezza dello yuzu, mentre il gambero rosso porta con sé la dolcezza del Mediterraneo, arricchita dal suo stesso ebi miso.
Poi c’è lo shabu shabu, il rito antico dello “swish swish” che prevede si cuociano gli ingredienti del piatto per pochi secondi in un brodo dalla ricetta segreta. Da Hatsune Zushi si inizia con la ricciola, tra i pesci più grassi del menu, si prosegue con il granchio delle nevi norvegese, fino a giungere al wagyu di Sendai, una carne che si scioglie come burro.
Un viaggio tra storia e rituali
Chi si siede al bancone di Hatsune Zushi diventa parte di un rito. Prendere il sushi con tre dita, portarlo alla bocca dalla parte del pesce, aspettare tre secondi prima di masticare sono piccoli dettagli che fanno la differenza. Tra un nigiri e l’altro, il palato si rinfresca con radici di loto e zenzero, un’armonia sottile che prepara alla prossima emozione.
La cena si chiude con una frittata giapponese soffice e leggermente dolce, e un brodo di miso profondo e aromatico, arricchito da erba cipollina, shichimi e sottili fili di somen.
In un angolo di Milano, dietro una porta che separa il frastuono della città dalla calma assoluta di un’arte senza tempo, Hatsune Zushi è un luogo dove il Giappone respira e si racconta, un boccone alla volta. È una celebrazione del tempo, della pazienza e della cura infinita per ogni dettaglio.
Immagini courtesy Ronin
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