Fino al 21 settembre, la settima edizione del Lake Como Design Festival ha trasformato la città in un laboratorio diffuso dove ville storiche, giardini, archivi e spazi espositivi hanno accolto mostre, installazioni, percorsi corali. Un evento che attraverso la bellezza coltiva la consapevolezza sul tempo che viviamo
Anche quest’anno, Como e il suo lago sono diventati palcoscenico dell’intreccio creativo tra design, architettura e arte contemporanea. Tema di questa settima edizione del Lake Como Design Festival è “Fragments”. Un invito a prendere coscienza della frammentazione della nostra società – sempre più individualista e atomizzata – ma anche a vedere il frammento come opportunità di resistenza all’appiattimento culturale. “In un mondo che tende alla massificazione, la frammentazione si configura anche come un atto di ribellione, un gesto consapevole che sfida l’omologazione e rivendica il diritto alla pluralità delle espressioni”, spiega Lorenzo Butti, ideatore e direttore artistico del festival. Il frammento diventa così uno spazio fertile per nuove connessioni, ed è in questo orizzonte che il festival intreccia esposizioni e progetti, restituendo al pubblico un mosaico di esperienze che interrogano il rapporto tra memoria e futuro, locale e globale, comunità e individuo. Abbiamo scelto cinque momenti che, più di altri, raccontano la forza di questa edizione.
Lake Como Design Festival, Asilo Sant’Elia: l’infanzia come chiave del futuro
Un capolavoro del razionalismo di Giuseppe Terragni che torna ad aprirsi alla città: l’Asilo Sant’Elia, progettato nel 1935, si trasforma oggi in uno spazio di memoria e visione. L’edificio, concepito per rispondere al benessere educativo e psicologico dei bambini, abbattendo i confini tra esterno e interno, diventa lo scenario per l’installazione video del progetto Piccoli Razionalisti. Coinvolgendo oltre 1400 studenti delle scuole primarie, l’iniziativa ha permesso alle nuove generazioni di riscoprire questa architettura della città attraverso laboratori e percorsi creativi. Ma la mostra all’Asilo non è solo un omaggio a Terragni, è una dichiarazione di intenti: riconoscere nel patrimonio architettonico un terreno vivo, capace di dialogare con i più giovani e di alimentare il senso di comunità.
Contemporary Design Selection: il frammento come resistenza
Immergendosi tra i percorsi verdi che avvolgono Villa Grumello, si trovava il cuore questa edizione, ovvero la mostra Contemporary Design Selection, curata da Giovanna Massoni, che trasformava il Chilometro della Conoscenza in una galleria diffusa all’aperto. La rassegna, nata da un’open call internazionale, raccoglie voci eterogenee – designer, architetti, artigiani e artisti – chiamati a interrogare il frammento come linguaggio estetico e politico. Qui, i visitatori sono stati invitati a leggere la fragilità come forma di potenza: dai legni carbonizzati e risemantizzati di Georg Foster; la pietra naturale accostata a fiori effimeri da Gensuke Kishi, le sedute stratificate di verstrepen.studio, e le sperimentazioni di Grond Studio sulla terra cruda, ogni progetto sembra dare forma a una memoria che riaffiora, un atto rigenerativo che restituisce al frammento dignità e valore.
La mostra si è sviluppata come un atlante di pratiche che dall’Europa al Medio Oriente, dall’Asia all’Africa, convergono attorno a una stessa urgenza: trasformare ciò che è spezzato in una possibilità. C’è chi ha riscoperto tecniche arcaiche come il bucchero etrusco (ZPstudio), chi ha reinterpretato le rovine romane con linguaggi pop e Space Age (Tommaso Spinzi), chi ha lavorato con residui urbani o con le fibre naturali di bambù intrecciato (Anshika Mangla). E tra i progetti più intensi We Mediterranean, una microarchitettura che rende omaggio al Mediterraneo come mare di migrazioni, accoglienza e connessioni culturali. La Canopy di Piovenfabi, struttura leggera che dialoga con il paesaggio, ospitava i drappeggi di Caterina Frongia, realizzati intrecciando tessuti Skaff e Dedar: metafora di convivenza, incontro, pluralità.
Lake Como Design Festival, Frammenti di Memoria: un atlante sensibile tra arte e design
Nelle sale della Villa del Grumello, sospesa tra il lago e il suo parco secolare, ha preso forma la mostra collettiva Frammenti di Memoria, dove il frammento diventa traccia viva, indizio di storie, linguaggi e visioni. La mostra si è aperta con il nucleo scultoreo di Enzo Cucchi, presentato da Galleria Zero…, dove le fontane di Roma venivano reinventate come reliquie immaginarie, frammenti di una città interiore che riaffiorava come visione onirica. Poco oltre, Archivio Mantero raccontava con Unanno il proprio primo anno di attività, trasformando il tempo stesso in materia progettuale, in una narrazione tessile che univa archivi e sperimentazioni. Con la Vico Collection, Campeggi ha celebrato la progettualità dinamica e adattiva di Vico Magistretti, dove la funzione diventa movimento e metamorfosi, mentre Etel dedicava una retrospettiva alla designer brasiliana Claudia Moreira Salles, capace di intrecciare rigore e poesia, modernismo e sensibilità materica.
Il percorso continuava con la selezione di Eredi Marelli, e con i tappeti di Amini, che trasportavano le Macchine Inutili di Munari in superfici tessili vibranti di libertà immaginativa. La fotografa indiana Dayanita Singh presentava invece Como Box, un libro non rilegato composto da trenta immagini custodite in una struttura lignea, edizione limitata destinata a sostenere i progetti culturali legati al patrimonio razionalista della città. Al primo piano, i tessuti jacquard di Dedar, realizzati in collaborazione con la Fondazione Josef & Anni Albers, traslano l’eredità dell’artista in un linguaggio contemporaneo che intreccia arte e materia. Nelle stanze adiacenti prende vita il dialogo tra Mario Radice e Nanda Vigo, curato da Roberta Lietti: dipinti e Cronotopi si incontrano in un gioco di luce e rifrazioni. A chiudere il racconto è la darsena della Villa, che accoglie il progetto di WonderGlass, dove il vetro si fa corpo e trasparenza.
L’Archivio Design Ico Parisi: un nuovo spazio per un’eredità viva

Ico Parisi nel suo studio di via Diaz a Como, 1970 circa
Tra le novità più felici di questa edizione c’è stata anche l’apertura della nuova sede dell’Archivio Design Ico Parisi: un luogo pensato non soltanto come deposito di memoria, ma come centro vitale di ricerca, studio e fruizione. Gli spazi, originariamente progettati da Marco Balzarotti nel 1999 e oggi ristrutturati nel rispetto del disegno originale, restituivano al pubblico l’accesso a un patrimonio prezioso: materiali fotografici e documentali, opere d’arte, progetti di architettura e design, oltre a una vasta biblioteca. Per l’inaugurazione, l’Archivio ha presentato una selezione inedita di lavori pittorici realizzati da Ico Parisi tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta: grandi tele appartenenti alla serie Crolli edificanti – Tavole di provocazione. Qui, pittura, pensiero progettuale (e provocazione) si intrecciavano, restituendo l’immagine di un artista inquieto, capace di leggere nelle incrinature della modernità i sintomi di una crisi e insieme le possibilità di una riflessione radicale.
Lake Como Design Festival, Aldo Rossi. Architettura per frammenti
C’è era poi una mostra importante e preziosa: Aldo Rossi. Architettura per frammenti, a cura di Chiara Spangaro, negli spazi della ex chiesa di San Pietro in Atrio. Attraverso disegni, collage, testi e il raro film Ornamento e delitto, l’esposizione esplorava come il concetto di frammento attraversi l’intera opera di Rossi, dal Monumento ai Partigiani a Segrate fino ai progetti berlinesi degli anni Novanta. Non una semplice retrospettiva, ma un itinerario intellettuale che mostra come, per Aldo Rossi, l’architettura fosse sempre anche un gesto incompiuto, un mosaico aperto di città reali e ideali, capace di generare senso proprio nella sua parzialità.
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Robb Report Iscriviti