Un dialogo tanto impossibile quanto naturale quello milanese tra Georg Baselitz e Lucio Fontana: impossibile perché appartiene al tempo, naturale perché figlio della continuità artistica.
Fino al 21 novembre 2025, la galleria Thaddaeus Ropac inaugura la sua nuova sede di Piazza Belgioioso con una mostra che mette in relazione due figure decisive del Novecento: Lucio Fontana e Georg Baselitz. Un incontro ideale, costruito sulle biografie degli artisti e sul loro linguaggio.
L’arte di Lucio Fontana e Georg Baselitz

Aurora viene, 2015, Oil on canvas, 98 ´ 88 cm e Concetto Spaziale, 1957, Pastel and collage on canvas with holes, 125 ´ 100 cm
Da un lato c’è un maestro del novecento come Lucio Fontana, ormai parte della cultura collettiva e secolarizzato nel mondo dell’arte, tra le superfici incise, tagli e fori per oltrepassare il limite del quadro, per restituire all’arte una dimensione cosmica, con la tela trasformata in un varco: non più supporto, ma soglia.
Dall’altro Georg Baselitz, nato nel 1938 nella Germania orientale, è figlio di un secolo ferito. Pittore e scultore, costruisce fin dagli anni Sessanta un linguaggio personale, capace di mettere in discussione le regole della rappresentazione. Quando inizia a dipingere figure capovolte, la scelta è necessaria: un modo per sottrarre la pittura alla retorica e riportarla all’essenza del segno. Baselitz, come Fontana, interroga il mondo. E se Fontana apre la tela, lui la rovescia; entrambi la attraversano.
Thaddaeus Ropac ospita la mostra dei due artisti del ‘900

Cowboy, 2024 Bronze, 403 ´ 118 ´ 116 cm
La mostra L’aurora nasce da questo scarto, da un’analogia che diventa confronto. Le opere selezionate di Baselitz — grandi olii degli ultimi dieci anni e una scultura in bronzo di dimensioni monumentali — dialogano con un nucleo di lavori di Fontana provenienti dalla Fondazione Lucio Fontana, tra cui sculture degli anni Trenta e Cinquanta, Concetti spaziali e un raro esemplare della serie Fine di Dio. L’allestimento, distribuito negli ambienti neoclassici del Palazzo Belgioioso, costruisce un racconto che alterna vuoti e presenze, luce e materia.
Osservando le opere si coglie la continuità del gesto: nei tagli di Fontana come nei vuoti centrali dei dipinti di Baselitz, l’immagine nasce da una sottrazione. Nei due artisti la forma si apre alla possibilità del buio, alla vertigine di ciò che non può essere rappresentato. Fontana, tagliando la tela, introduce la profondità del cosmo; Baselitz, invertendo le figure, costringe lo sguardo a liberarsi dall’abitudine visiva.
Rosa riposa e Fine di Dio: un dialogo tra Lucio Fontana e Georg Baselitz

Rosa riposa, 2019, Oil on canvas, 304 ´ 350 cm e Concetto Spaziale, Forma, 1957 Aniline and collage on canvas with holes 150 ´ 150 cm
Ci sono dunque tra le sale, una tela rosa di Fontana della serie Fine di Dio a fare da contraltare al grande quadro di Baselitz Rosa riposa, come se le due opere si rispondessero, variazioni su un medesimo tema. Nella loro accostata fragilità si percepisce la tensione che lega i due artisti: la convinzione che distruggere significhi, in fondo, ricominciare.
L’influenza di Fontana sul percorso di Baselit

Arriva: La scuola di Lucio, 2019 Oil on canvas, 350 ´ 212 cm
Baselitz ha dichiarato più volte di considerare Fontana un riferimento decisivo. Il suo incontro con l’opera spazialista, a Berlino nei primi anni Sessanta, avvenne nel momento in cui si parlava della “fine della pittura”. Di fronte ai tagli, racconta, trovò invece una possibilità: nel buio dell’incisione vide “un barlume di speranza”. È da quella fessura che la sua opera prende forma — capovolta, inquieta, ma ancora legata alla pittura come campo di tensione tra carne e spazio, tra memoria e vuoto.
Thaddaeus Ropac e la riflessione sull’atto creativo

La fine di Dio, 1963-64 Oil, gashes, holes, pink pigment and graffiti on canvas 178 ´ 123 cm
Con L’aurora viene, Thaddaeus Ropac sceglie di inaugurare il suo spazio milanese con una dichiarazione precisa: una riflessione sull’atto creativo, sulla sua continuità nel tempo. In questo senso, il dialogo tra Fontana e Baselitz appartiene a una geografia mentale. Entrambi lavorano sul limite: uno lo incide, l’altro lo ribalta. E tra i due, forse, si apre quella stessa luce che dà il titolo alla mostra — una luce che nasce dal buio e lo attraversa, come un’alba che non smette di cominciare.

Guerriero, 1953 Glazed ceramic 105 ´ 66 ´ 50 cm
Immagini courtesy Thaddaeus Ropac
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Robb Report Iscriviti


