Da Imàgo lo chef Andrea Antonini mette in mostra una cucina più libera, matura e vicina ai palati contemporanei.
Imàgo, al sesto piano dell’Hassler di Roma, è un ristorante d’hotel solo per geografia. L’approccio, la visione e la maturità dello chef Andrea Antonini si muovono infatti in un territorio ben più ampio. Negli ultimi anni, il giovane romano ha rivoluzionato il passo della sua cucina con profondità: la carta intesa come elenco rigido di piatti rappresentava un limite, vincolando porzioni e formati, impedendo a molte idee, magari perfette nei 45 grammi di un boccone, di diventare piatti da portata. “È bastato eliminarla per fare finalmente quello che desideravo fin da quando sono entrato qui”. Così, Antonini ha imboccato una nuova traiettoria, più consapevole e libera, decisamente coerente con la sua visione.
La visione di Andrea Antonini
A distanza di sei anni dal suo arrivo, il percorso compiuto dallo chef e la sua squadra è stato costante e condiviso. “Molte persone sono con me dal giorno zero. Io avevo 27 anni, alcuni di loro 24. Oggi siamo cresciuti insieme, abbiamo un altro passo”. Il risultato è un pensiero più solido che si riflette nel tono dei piatti, concepiti come esperienze stagionali.
Oggi Antonini punta su equilibrio, precisione ed essenzialità. “Se prima cercavo di fare le cose più complesse, per dimostrare che ero bravo, oggi voglio solo fare bene, proponendo dei piatti che abbiano un senso”. Ne è esempio l’animella al sambuco, “che in Italia sembra banale, perché l’animella è ormai emblematica del fine dining. A Roma però è un ingrediente della cultura: il carciofo con le animelle lo fanno le nonne a casa. Da Imàgo siamo riusciti a dargli una chiave acida, molto personale”, racconta lo chef a proposito della ricetta, che gioca con infusi ai fiori di sambuco, una salsa al burro acido e la cottura alla brace.
Anche il calamaro alla milanese riassume al meglio il rinnovato pensiero di Antonini: un finto risotto in cui il riso scompare e resta solo una brunoise perfetta del mollusco. “Oggi siamo più maturi. Il mio ragionamento è fare cose che funzionino bene, che soddisfino i palati più esigenti, ma che offrano anche una bellissima esperienza a chi sceglie Imàgo come primo ristorante fine dining”. Un’attenzione che si riflette anche nel rapporto con la brigata: “Tutti i giorni dico ai ragazzi di non pensare da cuochi ventenni, ma da uomini che cucinano. Sono cose differenti”.
Imàgo verso il futuro con i nuovi menu
Il nuovo menu, in uscita a ottobre, è sulla rampa di lancio, mentre la brigata già pensa al successivo, che celebrerà i primi vent’anni del ristorante. “Sarà un’evoluzione nel solco di quanto già avviato: due percorsi, entrambi stagionali, ma con anime differenti. Uno più lungo, con circa venti passaggi, l’altro più compatto, con sei o sette portate che rappresentano ciò che più mi ha entusiasmato negli ultimi anni”. Nessuna rivoluzione dunque, ma un cammino di crescita che prosegue, pronto a lasciare il segno.
Articolo tratto dal numero autunnale di Robb Report Italia
Immagini courtesy Alberto Blasetti
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