Anish Kapoor in Italia ha trovato il suo riflesso ideale: un dialogo tra disordine e armonia che ridefinisce le sue forme scultoree.
È un paradosso affascinante che un artista come Anish Kapoor, da sempre impegnato a deformare la realtà attraverso superfici concave e convesse, abbia trovato in Italia un contraltare privilegiato. Nel Paese che nei secoli ha fatto della simmetria una religione visiva, Kapoor ha scoperto lo specchio più inatteso: quello che moltiplica e gli offre un palcoscenico.
I progetti di arte pubblica di Anish Kapoor
Dello scultore si è parlato a lungo in Italia, grazie a grandi progetti di arte pubblica come la stazione della metropolitana “Monte Sant’Angelo” a Napoli, e la personale tenutasi a Firenze a Palazzo Strozzi. Come racconta Arturo Galansino, curatore della mostra e direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, “Kapoor è un artista che porta con sé una dimensione profondamente cosmopolita, intrecciando le sue origini indiane e irachene con l’identità britannica. Da alcuni anni ha trovato nell’Italia, e in particolare a Venezia, la sua nuova casa, ma il suo rapporto con questo Paese è sempre stato intenso e fertile”.
Ne è dimostrazione il recentemente inaugurato spazio partenopeo, una discesa in un “Orcus” della forma convessa, concepita come un percorso iniziatico, tra luce e ombra che si inseguono. Ma è a Firenze che questo confronto tra l’artista e la tradizione italiana ha trovato la sua forma più esplicita.
Palazzo Strozzi e il confronto con il Rinascimento
Con la mostra “Untrue Unreal” a Palazzo Strozzi, Kapoor ha portato la sua grammatica dell’instabilità nel cuore della simmetria rinascimentale. “Nel 2023 la mostra lo ha visto confrontarsi direttamente con l’architettura del Rinascimento. Sono nate così opere che hanno messo in discussione ordine e armonia, aprendosi all’irreale e all’inverosimile”. L’ironia è evidente, ma in questo cortocircuito la sua opera si accende, trovando nella simmetria un nuovo terreno di rifrazione, un riflesso che si incrina e si moltiplica.
“In Kapoor convivono due dimensioni: da un lato il rigore e la precisione con cui costruisce i suoi progetti, dall’altro una sensibilità umana e spirituale che gli permette di leggere i luoghi, assorbirne l’energia e trasfigurarla in opera”, conclude il curatore. “Lui non impone mai un oggetto nello spazio. Bensì ascolta, osserva, destabilizza, e così facendo invita il pubblico a riconsiderare se stesso”.
Articolo tratto dal numero invernale di Robb Report Italia
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