Aviteur è una capsule da viaggio appena lanciata da Harrods a Londra e da Just One Eye, Los Angeles.
Quando Robb Report raccontò il lancio del marchio di valigeria di lusso Aviteur nel 2019, la fondatrice Patricia Gucci (sì, proprio di quella famiglia Gucci) aveva ideato un unico prodotto. Si trattava di un trolley da cabina a quattro ruote (non il tipo di valigia da imbarcare), rivestito in pelle e caratterizzato da un distintivo motivo cannage sul pannello frontale, ruote silenziose (all’epoca il sindaco di Venezia proponeva il divieto dei trolley a causa del rumore provocato sulle calli) e un manico in lucite dal design essenziale. “Oggi abbiamo oltre 100 prodotti, tra cui borsoni da weekend, borse a mano, custodie per telefono e accessori da viaggio”, ha raccontato Gucci a Robb Report.
La nuova travel capsule di Aviteur tra Harrods e Los Angeles
Questa settimana Patricia Gucci presenta una capsule da viaggio in un packaging pratico, lanciata in esclusiva da Harrods a Londra e da Just One Eye a Los Angeles. La sua attenzione è stata quella di collaborare solo con rivenditori che intrattengono un rapporto stretto con i propri clienti e danno priorità allo storytelling del marchio. Al centro della collezione c’è il nuovo Carry-On 25, accompagnato da un weekender, un duffle e una custodia per laptop in due colori intramontabili: noce e nero. I clienti possono acquistare i pezzi singolarmente (3400€ per il Carry-On 25) oppure optare per l’intero set a 10400 €.
Aviteur e l’esperienza di viaggio di lusso
“La Travel Capsule Collection è un passaporto per un’esperienza di viaggio elevata”, afferma Patricia Gucci, che è anche direttrice creativa del marchio. “Abbiamo reimmaginato il nostro trolley originale per rispondere alle esigenze del viaggiatore sofisticato di oggi, preservando al contempo l’eredità e l’eleganza che definiscono il nostro brand”.
Questi viaggiatori sofisticati includono capitani d’industria, reali, musicisti, attori e supermodelle. “Persone di ogni estrazione, da Denver a Dubai e da Singapore alla Svizzera. I nostri prodotti attraggono uomini e donne di tutte le età”, spiega. La fondatrice ricorda anche la storia di un ottantenne che recentemente ha viaggiato dall’Inghilterra allo showroom milanese di Aviteur per acquistare una Cristallino. “La nostra clientela tende a essere composta da professionisti, filantropi e con una presenza limitata sui social media. Non amano i loghi, non seguono le mode, ma soprattutto apprezzano la qualità e il design raffinato”, aggiunge.
L’ispirazione di Patricia Gucci
Patricia non aveva intenzione di seguire le orme della sua famiglia nel settore della pelletteria. Ma dopo la vendita del marchio nel 1989 e la morte del padre Aldo, si trasferì in California per allontanarsi da tutto e conquistare un po’ di anonimato. “L’idea del trolley arrivò improvvisamente un giorno del 2017”, racconta. “Avevo in mente una reinterpretazione moderna delle valigie in rattan degli anni ’60, l’età d’oro dei viaggi, con materiali all’avanguardia come l’alluminio aeronautico e la lucite, un manico trasparente senza pulsanti e ruote silenziose. In un mondo di valigeria omologata, l’idea era quella di riportare un po’ di bellezza nel viaggio senza inseguire le mode”.
Il valore dell’artigianato italiano e il nome Aviteur
Un altro richiamo al vintage, in quest’epoca di discutibili prodotti “di lusso”: tutti gli articoli Aviteur sono realizzati al 100% in Italia, con materiali e componenti provenienti da fonti sostenibili entro un raggio di 200 chilometri dallo showroom milanese. Ciò garantisce il massimo controllo di qualità e una ridotta impronta di carbonio. “Lavoriamo esclusivamente con concerie certificate e aziende a conduzione familiare, promuovendo standard etici e una cultura che consenta alla prossima generazione di portare avanti la tradizione di eccellenza dell’artigianato italiano”, aggiunge Gucci.
Quanto al nome. Deriva da avis, la parola latina per “uccello”, per evocare il volo. Le prime tre lettere di Aviteur sono le iniziali delle figlie di Gucci in Alexandra, Victoria e Isabella. A proposito di famiglia, Gucci desidera aggiungere un’ultima parola: “Per chi ha visto il film, mio padre non ha nulla a che vedere con Al Pacino”.
Articolo di Robbreport.com
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