Con il nuovo progetto di Seoul, lo studio festeggia il sedicesimo anno di collaborazione con Van Cleef & Arpels.
Dopo Parigi, New York, Hong Kong e Tokyo, lo studio Jouin Manku completa anche la maison Van Cleef & Arpels a Seoul, in Corea del Sud. Patrick Jouin e Sanjit Manku, che quest’anno festeggiano il sedicesimo anno di collaborazione con la maison di alta gioielleria, si sono occupati dell’architettura interna dell’edificio e la progettazione di ogni dettaglio.
Jouin Manku immagina gioielli sospesi tra la natura
Van Cleef & Arpels, guidata dal savoir-faire e dall’eccellenza, continua a svolgere un ruolo importante nello sviluppo delle arti decorative. Sotto la direzione di Nicolas Bos, il marchio ha partecipato a una serie di attività culturali, dagli spettacoli di danza fino alla sponsorizzazione di una scuola di arti orafe. La collaborazione con Jouin Manku si intreccia con l’attività commerciale della maison, che con le sue creazioni racconta da sempre sogni ed emozioni. Lo studio ha unito la sua visione di architettura europea con le idee coreane, riflettendo nel progetto la ricchezza culturale del paese.
Lo stretto rapporto con la natura che accomuna Van Cleef & Arpels e la Corea, ha portato Manku e Jouin a progettare un tutt’uno tra l’edificio e il giardino, per una fusione degli elementi in totale armonia. In questo modo, la vegetazione invita quasi a entrare nell’edificio, segnando il paesaggio a ogni piano, dalla facciata al tetto. Al suo ingresso, il visitatore percorre un sentiero, che segue per ammirare i gioielli che sembrano quasi sospesi. Per ridurre il confine tra interno ed esterno, il marchio si è rivolto all’azienda Seo-Ahn Total Landscape, mentre il team di YoungSun si è occupato di ricreare la natura intorno all’edificio.
L’utilizzo dell’Hanji per le pareti
Per il suo progetto, lo studio Jouin Manku ha combinato tradizione e modernità, accostando il celadon all’alluminio. “Questa combinazione di materiali avvolge l’edificio, che racchiude i giardini e gli spazi interni, con vetri che vanno dal pavimento al soffitto. Questa protezione garantisce una certa intimità”, dicono Patrick Jouin e Sanjit Manku. Per rivestire le pareti è stata utilizzata l’Hanji, la carta tradizionale coreana fatta a mano. La principale originalità risiede nella setacciatura, che determina la formazione del foglio di carta.
In questa fase, i movimenti degli artigiani coreani, che permettono alle fibre vegetali di scorrere in tutte le direzioni, producono una carta resistente dall’aspetto irregolare, il che è uno dei suoi pregi. L’Hanji ha avuto, e ha tuttora, una moltitudine di applicazioni, grazie alla sua capacità di filtrare la luce e far circolare l’aria: dall’utilizzo per la produzione di parti di armature nell’antichità, fino a elemento centrale per la realizzazione degli interni.
Immagini courtesy Jouin Manku
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