Partendo da una solida tradizione, la “contemporanea” evolve e si proietta nel futuro con impasti altamente digeribili a lunga lievitazione e topping ricercati. Degni dei migliori ristoranti di fine dining.
Che la si chiami “contemporanea” o “del nuovo millennio”, poco cambia. Il filo conduttore dell’evoluzione della pizza è la voglia di elevare un prodotto di per sé unico e fortemente rappresentativo dello scenario gastronomico italiano.
L’evoluzione della pizza
Alcuni pizzaioli illuminati, nei primi anni Duemila, iniziarono a comprendere come l’impiego di lievito madre, le lunghe lievitazioni e la scelta di ingredienti di eccellenza (da abbinare come in una ricetta di alta cucina), fossero necessari per migliorare l’esperienza di degustazione del lievitato. Tra i pionieri di questo lavoro Simone Padoan, che con I Tigli a San Bonifacio ha aperto la strada all’uso di materie prime di qualità, abbinate in modo audace e adagiate su un impasto dalla consistenza “panosa” e croccante, dall’inebriante profumo di grano.
Ma la vera consacrazione della pizza contemporanea è arrivata quando anche i maestri di Napoli, la patria della “tonda”, hanno abbracciato il cambiamento e, senza abbandonare il cornicione alto e ben pronunciato, hanno lavorato sull’alveolatura, ristretto leggermente il diametro e utilizzato nuovi blend di farine all’interno degli impasti.
I topping Dop, Igp e provenienti da presidi Slow Food hanno fatto il resto, come alla Pizzeria Salvo dove va in scena la ricetta “Al pomodoro”, studiata con lo chef Salvatore Bianco come un’ode all’ingrediente principe della pizza, presente in sei diverse consistenze e varietà, tra cui Corbara, San Marzano, Datterino e Piennolo.
Tra Caserta e Roma
Per andare a trovare il re delle classifiche internazionali, che mette in pratica tutti i punti del manifesto del lievitato contemporaneo, bisogna spostarsi a Caserta. A I Masanielli, la pizza è un culto, studiata per trovare l’equilibrio perfetto sul topping e calibrata nei tempi di cottura (addirittura tripla). Simbolo del lavoro di Francesco Martucci è la “Futuro di Marinara” cotta prima a vapore, poi fritta e infine infornata con crema di pomodoro e decorata con olive, capperi e acciughe.
La geografia della pizza contemporanea fa tappa anche a Roma, dove i giovani pizzaioli portano il verbo della contemporaneità. È il caso di Giancarlo Bernabei di Dazio che lavora a quattro mani con lo chef Matteo Lo Iacono e dà vita a pizze completamente vegane con crema di pastinaca, topinambur e chip croccanti di rapa rossa.
La pizza migliore del “Nord”
Tornando al Nord, Antonio Pappalardo de La Cascina dei Sapori di Brescia sperimenta con tre differenti tipologie: la tonda, la romana in teglia e quella da degustazione. I topping variano dai più classici agli abbinamenti insoliti, come radicchio e noce di macadamia, senza dimenticare l’offerta gluten free che rende le ricette inclusive e alla portata di tutti. Il plus? L’abbinamento con i cocktail, sempre più richiesto anche nel capoluogo lombardo grazie a Dry Milano.
Nato nel 2013, il locale di via Solferino 33 ha sdoganato il pairing tra il lievitato e i superalcolici e, grazie al lavoro del talentuoso pizzaiolo Lorenzo Sirabella, ha conquistato i palati milanesi. Rispettando la tradizione, il giovane sperimenta con le consistenze degli impasti e le cotture, mettendo in menu diverse versioni della pizza napoletana. Come i “cubotti” con burro, acciughe di Cetara e limone o la focaccia al vitello tonnato con polvere di capperi.
A pochi passi dal Dry, nel quartiere di Moscova, da pochi mesi è arrivato anche il bellunese Denis Lovatel con la sua pizza di montagna. Impasto basso e croccante ed esaltazione del terroir attraverso erbe, salumi e formaggi d’alpeggio rendono sostenibili e altamente digeribili i prodotti di questo nuovo baluardo della pizza contemporanea italiana.
Articolo tratto dal numero primaverile di Robb Report
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