L’occhio di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo per l’arte l’ha portata a essere tra i più influenti collezionisti del mondo. Ma il seme è stato piantato quando un amico le ha fatto conoscere la bigiotteria americana alla fine degli anni ’80.
Oggi la sua collezione conta più di mille pezzi. “Non sono solo incredibili, bellissimi, glamour e scintillanti”, dice, “ma c’è anche il fatto che siano stati prodotti in America in un periodo difficile, ad esempio dopo la Seconda guerra mondiale, quando molti designer hanno realizzato gioielli fantastici con materiali molto umili”.
Taschen sta pubblicando un libro sul suo tesoro. Lo stesso amico la portò a Londra nel 1992 per farle conoscere l’arte contemporanea, dove lei si è innamorata degli artisti che ha incontrato lì e poi lanciato la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo nella sua città natale, Torino, solo tre anni dopo.
Quest’anno la mostra “Reaching for the Stars” alla Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze ha celebrato i suoi 30 anni di immersione nell’arte. “Per me è molto importante acquistare qualcosa che sia in grado di catturare il presente ma anche di anticipare il futuro”, dice. “Non ho mai comprato opere pensando che mi servisse un quadro per la parete sopra il divano blu. L’arte è un modo per parlare del momento in cui viviamo”.
Patrizia Sandretto Re Rebaudengo si racconta
Cosa ha fatto di recente per la prima volta? Ho acquistato un’isola, San Giacomo, nella Laguna di Venezia, tra Murano e Burano. È stata utilizzata per l’ultima volta durante il periodo napoleonico come magazzino per la polvere da sparo. Uno di questi magazzini sarà la nostra casa, mentre gli altri edifici e tutte le parti esterne diventeranno la terza sede della Fondazione. Vogliamo produrre progetti creativi che non riguardino solo l’arte, ma anche la sostenibilità ambientale. Sull’isola non c’è elettricità: saremo noi a creare tutta l’energia rinnovabile.
Quali sono le app che usa di più? Quando sono in viaggio, uso la guida alle gallerie di See Saw per tenermi aggiornata sulle mostre. E grazie a Libib, ho tutti i libri delle mie librerie a portata di mano. Ho circa 20.000 libri in due biblioteche. Mi basta inserire il titolo o il nome dell’artista e in un attimo so se si trova nella mia casa di Guarene o in quella di Torino ed esattamente in quale scaffale. Amo tutti i miei libri e amo sapere dove sono.
Ha dei rituali personali? Ogni mattina indosso una collana o attacco al vestito una spilla della mia bigiotteria americana, perché non esco mai senza.
Quale consiglio vorrebbe aver seguito? Ascolto sempre volentieri molte opinioni, ma poi, devo dire, decido da sola. Forse così si commettono degli errori. Ma sono i miei errori.
Che cosa desidera di più a fine della giornata? Un bicchiere di rosé del mio vigneto a Guarene. Non vendiamo il nostro vino, StellaRe, è per noi, per i nostri amici. Usiamo il nome anche per un premio alle donne, un grande anello disegnato da Maurizio Cattelan.
Come trova la calma? Con una passeggiata nel mio parco tra le vigne. Ci sono molte sculture realizzate appositamente, castagni, pere Madernassa. Tutti possono andarci, non c’è biglietto. Il tramonto è fantastico. Intorno ci sono le colline delle Langhe.
Chi è il suo guru? Da quando ho iniziato a collezionare, la figura di Peggy Guggenheim mi è sempre sembrata mitica. La sua vita era tutta dedicata all’arte.
Il cocktail preferito? Il Rosita: tequila, vermouth secco, vermouth rosso e angostura. È molto ben strutturato.
La prima opera d’arte che ha acquistato? Un’opera di Anish Kapoor. Era il maggio del 1992 e il gallerista Nicholas Logsdail della Lisson Gallery di Londra passò almeno due o tre giorni con noi a visitare studi di artisti. Quello di Kapoor fu uno dei primi che visitai e ricordo ancora che entrai in questo enorme loft e sul pavimento c’erano sculture eseguite con pigmenti gialli, blu e rossi. Anish mi spiegò il suo lavoro e fu davvero qualcosa di speciale.
Qual è l’aggiunta più recente alla sua collezione? Ho comprato una splendida collana di William de Lillo. È molto grande, realizzata negli anni Sessanta. A proposito di arte, ho appena acquistato una nuova opera di Tauba Auerbach del 2022. L’ho vista ad Art Basel e ora è appesa alla parete di casa mia.
La cosa più recente che rimpiange di non avere comprato? Mi piacerebbe molto avere un’opera di David Hammons. Smonta gli stereotipi della società capitalista, ma ogni volta che cerco di acquistarne una non ci riesco. È un peccato. Ma mai dire mai.
La sua routine di esercizi e quanto spesso la fa? Ho una piccola piscina a casa, quindi due o tre volte alla settimana, alle 7 del mattino, viene il mio personal trainer e facciamo un’ora di aquagym. Per me è molto più facile che andare in palestra, sono un po’ pigra.
Se potesse imparare una nuova abilità, quale sarebbe? Ho avuto a che fare con l’arte per tutta la vita e non ho mai avuto alcun talento. Mi piacerebbe scolpire, dipingere, ma sono sicura che non succederà mai…
Indossa un orologio? Prima avevo il mio Rolex. Ma ora indosso un Apple Watch che mi permette di tenere traccia del conteggio dei passi giornalieri e della frequenza cardiaca. Ho un orologio da sera di Vacheron Constantin. È di buone dimensioni, d’oro con diamanti. Un regalo di mio marito che mi piace molto.
Il suo hotel preferito? Punta Tragara, a Capri. È un albergo straordinario, realizzato da Le Corbusier. È un luogo che lascia senza fiato per la meraviglia. Il proprietario è un mio amico.
A quale auto è più affezionata? Abbiamo ancora la Rolls-Royce Silver Shadow usata quando ci siamo sposati e poi quando abbiamo avuto il battesimo dei nostri figli. Ho anche auto realizzate da artisti. In Fondazione c’è una Fiat 126 di Simon Starling. Poi, nella mia collezione, una Mercedes di Tobia Rehberger, una Peugeot di Julian Opie e una Jason Rhoades.
Quale musica la rende felice? Gli Abba. Mi mettono di buon umore
Articolo tratto da numero invernale di Robb Report
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