Cenare da Pulejo è come tornare a casa. In un ambiente dai toni caldi e illuminato da luci soffuse va in scena il menu contemporaneo – che non dimentica il passato – dello chef Davide Puleio.
Nella sua carriera, Davide Puleio è passato da diverse cucine stellate. A 21 anni arriva la prima esperienza con il Convivio Troiani a Roma, seguita dai viaggi all’estero prima a Londra e poi al Noma di Copenaghen. Uno stop a Milano gli permette di guidare la cucina de L’Alchimia, con cui conquista il suo primo macaron Michelin. Il ritorno nella Capitale gli ha poi consentito di mettere radici e aprire il suo ristorante sotto il nome di Pulejo, lo stesso della sua famiglia.
L’atmosfera del ristorante Pulejo
A due passi da Piazza del Risorgimento, il locale ha una vetrina su strada da cui penetra la luce naturale, che pervade la sala durante il servizio del pranzo. Qui i tavoli in legno dalla texture materica scaldano l’ambiente, mentre le luci posizionate sul piano mantengono un’atmosfera intima e soffusa.
Lo stile ricorda il minimalismo nordico ma è reso caldo e accogliente dai toni delle sedie, che richiamano le sfumature della terra. Gli accessori come i porta posate, i vasi al centro della tavola e i supporti con cui vengono serviti gli amuse bouche sono realizzati in travertino e donano un tocco elegante alla mise en place.
La cucina di Davide Pulejo
Lo chef Davide Pulejo si lascia guidare dal tema della memoria, evocando a ogni portata quella dimensione di cucina familiare e di comfort, declinata con tecnica e un occhio di riguardo al gusto, sempre ben marcato e ricco di contrasti.
Come per il peperone che definisce “maltrattato”, cotto per giorni e servito come se fosse una tartare di manzo, con l’acciughina e una crema al parmigiano, da amalgamare con la forchetta e mangiare insieme a una fetta di pane. L’animella è cotta nel burro e ricoperta da una maionese all’ostrica affumicata e da una foglia di bieta, completata da una riduzione di manzo.
Tra i primi spicca il raviolo arrosto al pomodoro – sia nella farcia che nella pasta – accompagnato da una battuta di Fassona e tre varietà di pomodorini. Completano il piatto il basilico rosso e una crema al latte di midollo. Arriva poi il momento del Risotto Mi-Ro che fa incontrare la tradizione gastronomica milanese e quella romana unendo il classico riso allo zafferano con una royale di coda alla vaccinara, esaltata dal cacao amaro.
La faraona riprende la ricetta di Marco Gavio Apicio, celebre gastronomo romano, e vede il petto cotto alla brace accompagnato da un involtino di foglia di vite ripieno della coscia del volatile e una salsa con cumino, cannella, coriandolo e i sentori speziati di pepe nero e bianco.
La conclusione è affidata alla colazione del pastore, con una brioche calda alla vaniglia da farcire a piacere con un sorbetto di uva fragola e una crema chantilly di robiola di capra, con il suo sapore spinto. Un percorso degustazione che parte dalle radici gastronomiche e dalle memorie familiari, per esplorare nuove sfumature di gusto.
Immagini courtesy Pulejo, credits Alessandro Barattelli
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