Lo Stato dell’Aloha ha appena introdotto la prima tassa turistica di questo genere per compensare i costi legati al cambiamento climatico.
Avvicinandosi al secondo anniversario dei devastanti incendi di Maui, le Hawaii stanno adottando una misura senza precedenti per far fronte alle spese legate alla crisi climatica, e a pagare saranno i turisti. A partire dal 1° gennaio 2026, i 10 milioni di visitatori annuali dovranno affrontare un costo leggermente più alto. Una nuova green fee porterà la tassa turistica dall’attuale 10,25% all’11%, come riportato da Bloomberg. La maggiorazione, che corrisponde in media a circa 2 dollari per visitatore al giorno, dovrebbe generare entrate pari a 100 milioni di dollari all’anno, destinate interamente a progetti di ripristino ambientale e mitigazione climatica, che spaziano dalla riqualificazione delle barriere coralline a interventi di prevenzione degli incendi.
La nuova tassa turistica dal 2026
Il disegno di legge, sostenuto dal governatore Josh Green, rappresenta la prima tariffa climatica dedicata al turismo negli Stati Uniti. La sua approvazione giunge dopo anni di tentativi falliti in parlamento, ma gli incendi del 2023, che causarono danni per oltre 5,5 miliardi di dollari, hanno suscitato un ampio sostegno pubblico. “Quegli incendi hanno profondamente scosso il nostro Stato”, ha dichiarato Green a Bloomberg. “La realtà è che occorre disporre di un meccanismo per ridurre i rischi e prepararsi a potenziali disastri futuri”. L’approccio delle Hawaii si differenzia dalle tipiche tasse turistiche, che spesso finanziano infrastrutture o attività di marketing. In questo caso, invece, il nuovo prelievo pone la sostenibilità al centro dell’economia dei viaggi, inserendosi in una tendenza globale in crescita che comprende destinazioni come Venezia e il Bhutan, dove i contributi dei visitatori vengono sempre più utilizzati come strumenti di conservazione e gestione dei flussi turistici.
Priorità ai valori locali e alla protezione dell’ambiente
Il piano di Green prevede inoltre la progressiva sostituzione della Hawaii Tourism Authority con una nuova organizzazione no profit, la Destination Stewardship Organization, finalizzata a dare priorità ai valori locali, alla sostenibilità e al coinvolgimento della comunità, piuttosto che alla promozione di massa. Sebbene alcuni turisti abbiano contestato il provvedimento definendolo una “tassa sul surf”, la misura ha ricevuto ampio sostegno dal settore alberghiero delle Hawaii. “L’industria dell’ospitalità dipende dall’ambiente naturale delle Hawaii, e non si sta facendo abbastanza per proteggerlo”, ha spiegato l’economista dell’Università delle Hawaii Carl Bonham a Bloomberg. “Questa legge ha ottenuto un supporto significativo dall’industria alberghiera, perché i fondi vengono reinvestiti in iniziative volte a tutelare lo stesso settore turistico”.
Critiche e preoccupazioni sulla nuova tassa turistica
Permangono tuttavia delle preoccupazioni. I critici temono che l’aggiunta di nuove tariffe ai permessi e alle prenotazioni già esistenti possa ridurre la spesa dei visitatori, un problema più ampio che si riscontra anche in altre destinazioni che affrontano l’overtourism con tasse e regolamentazioni. In alcune mete molto frequentate, come Parigi, Barcellona e Londra, non è chiaro se tali misure riescano davvero a raggiungere gli obiettivi prefissati.
Nonostante ciò, il governatore Green ritiene che la green fee delle Hawaii possa diventare un modello per altri Stati americani alle prese con costi climatici in continua crescita. “Probabilmente la soluzione sarà diversa per ciascuno”, ha affermato a Bloomberg, “ma mi aspetto che anche altri luoghi adottino una qualche forma di questo approccio”. Se le Hawaii riusciranno a legare il turismo alla tutela ambientale a lungo termine, potrebbero fissare un nuovo standard di riferimento per i viaggi responsabili nell’era del cambiamento climatico.
Articolo di Robbreport.com
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