Un approfondimento dedicato ai vigneti d’altura e sull’impatto che l’altitudine ha sul vino.
A 350 metri sul livello del mare, il vigneto toscano Poggio al Vento prende il nome dalle brezze costanti che contribuiscono a preservare la freschezza delle uve destinate al Col d’Orcia Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento. L’influenza della coltivazione in altura non può essere trascurata. “L’altitudine gioca un ruolo fondamentale nel definire il carattere delle nostre uve”, afferma Santiago Marone Cinzano, decima generazione di produttori a Col d’Orcia. “Questo permette alle uve di sviluppare aromi più complessi, mantenere un’acidità più elevata e raggiungere un migliore equilibrio”.
Gli effetti dell’altitudine sul vino

Sebbene produttori e giornalisti parlino spesso di espressioni come “frutti di montagna” o “vigneti di fondovalle”, l’impatto dell’altitudine sul vino non viene sempre spiegato chiaramente. Comprendere gli effetti dell’altitudine può invece aiutare a orientarsi verso bottiglie più vicine ai propri gusti, poiché differenze di temperatura, intensità della luce solare e drenaggio dei suoli influenzano in maniera decisiva le uve e il prodotto finale.
Il contrasto più evidente salendo di quota è quello della temperatura: come ben sa chi pratica escursionismo o sci, più si sale, più la temperatura si abbassa. In media, la diminuzione è di 0,65 °C ogni 100 metri di dislivello. Può sembrare poco, ma se si considera un vigneto a 1.000 metri sul livello del mare, la temperatura media giornaliera sarà quasi 12 gradi più bassa rispetto a quella del fondovalle. Inoltre, i movimenti delle placche tettoniche che hanno dato origine alle montagne hanno provocato variazioni nella composizione dei suoli, che influenzano fortemente le condizioni di coltivazione e, di conseguenza, il profilo dei vini che se ne ottengono.
I Vigneti d’altura Cabernet Sauvignon di Stonestreet
La produttrice Kristina Shideler dispone di una grande varietà di condizioni pedoclimatiche presso la Stonestreet Estate, situata nell’Alexander Valley AVA di Sonoma, a nord di Healdsburg. Con vigneti d’altura che vanno dai 120 ai 730 metri, vinifica diversi Cabernet Sauvignon da singolo vigneto. Uno, il Bear Point Vineyard Cabernet Sauvignon, proviene da viti piantate a circa 240 metri sul livello del mare, mentre un altro, il Christopher’s Vineyard Cabernet Sauvignon, nasce dal vigneto più alto che gestisce, a circa 730 metri.
“I tannini del Christopher’s sono di per sé una dichiarazione, con una struttura ampia e intensa che consente al vino di invecchiare per decenni”, afferma, mentre il Bear Point “è strutturato ed elegante”, ma non presenta la stessa concentrazione. Numerosi fattori entrano in gioco, fra cui le temperature diurne, inferiori di sei-otto gradi rispetto alle altitudini minori, che riducono l’impatto di condizioni climatiche estreme in annate particolarmente calde e siccitose, le quali potrebbero compromettere o limitare seriamente la produzione.
Nebbia e altitudine a Sonoma
Uno dei fenomeni più importanti nei vigneti d’altura della Sonoma è lo strato d’inversione, il manto di nebbia che permane tra i 240 e i 550 metri nelle mattine di gran parte della stagione vegetativa. Alla Stonestreet Estate lo Chardonnay è piantato all’interno di quest’area più fresca, dove la nebbia limita l’irraggiamento solare e contribuisce a mantenere l’acidità, mentre il Cabernet Sauvignon piantato sui pendii più elevati riceve tre-quattro ore di luce solare in più al giorno, che favoriscono la piena maturazione delle uve. Le bucce più spesse dello Chardonnay conferiscono corpo e struttura, mentre l’elevato tenore tannico del Cabernet garantisce un importante potenziale di invecchiamento.
Vigneti d’altura nella Ribera del Duero

Una delle zone viticole più elevate d’Europa è la Ribera del Duero, in Spagna, situata su un altopiano con Vigneti d’altura che vanno dai 720 metri fino a oltre i 1.000 metri. I produttori locali, come Jaime Suárez di Dominio de Atauta, chiamano il Tempranillo tinto fino (“rosso fine”) o tinta del país (rosso del paese) per distinguerlo dalla stessa varietà coltivata altrove in Spagna, poiché si ritiene che abbia subito una mutazione a causa dell’altitudine, del clima e dei suoli della regione.
Coltivando 56 ettari di vigne di età compresa tra i 130 e i 190 anni, piantate tra i 930 e i 1.000 metri, Suárez produce un rosso Ribera del Duero Dominio de Atauta e cinque vini da singolo vigneto provenienti da parcelle diverse all’interno della tenuta. Le temperature possono oscillare drasticamente tra giorno e notte, raggiungendo i 30 °C durante il giorno per poi scendere fino a 7 o addirittura 4 °C di notte, spiega Suárez.
Venti, clima e uve d’altura ad Atauta
Situata tra due catene montuose—la Sierra de la Demanda a nord e la Sierra de Ayllón a sud—Atauta è costantemente attraversata da venti che scorrono attraverso questo canale naturale. “Le basse temperature notturne e questo vento rendono il vigneto di Atauta una risorsa fitosanitaria privilegiata”, afferma Suárez. Ciò significa che il vigneto è meno vulnerabile ai parassiti che colpiscono le viti in molte altre parti del mondo. “Negli ultimi 16 anni abbiamo dovuto effettuare un solo trattamento contro la peronospora e nessuno contro la botrite”, aggiunge. La vendemmia avviene più tardi rispetto a molti dei suoi vicini a valle, mantenendo comunque livelli elevati di acidità nelle uve. “I nostri vini rappresentano la freschezza che l’altitudine offre e mettono in risalto versioni meno potenti, più fresche, più sottili ed eleganti dei Tempranillo della regione”, spiega.
I vigneti d’altura di Salta in Argentina
Salta, in Argentina, ospita alcuni dei vigneti più alti del mondo, tra cui l’Altura Máxima di Bodega Colomé, situato a 3.111 metri sul livello del mare—più del doppio rispetto alle vigne più alte della celebre regione di Mendoza. L’enologo Thibaut Delmotte racconta a Robb Report che anche qui il rischio di malattie è quasi inesistente a causa delle precipitazioni estremamente scarse—appena 100 millimetri l’anno—e ciò consente di limitare al minimo i trattamenti a base di rame e zolfo contro le minacce fungine. Tuttavia, a queste altitudini aumenta il rischio di gelate primaverili, che vengono contrastate con sistemi di irrigazione a spruzzo, mentre la maggiore possibilità di grandinate, dovuta all’accumulo di nubi, rende necessaria l’installazione di reti protettive.
Radiazioni solari e altitudine
Una grande differenza ambientale in questa zona è la riduzione dello strato di ozono, che si traduce in livelli più elevati di radiazioni ultraviolette. “Per proteggersi, le uve sviluppano bucce più spesse e scure, con vini dal colore intenso e una solida struttura tannica”, spiega Delmotte. Oltre alle temperature primaverili ed estive moderate e alle “straordinarie escursioni termiche” tra giorno e notte, egli attribuisce la complessità stratificata dell’Altura Máxima Malbec al suolo povero e sassoso del vigneto, da cui nascono vini caratterizzati da freschezza, mineralità, corpo pieno e un saldo sostegno tannico.
Il confronto fra fondovalle e vigneti d’altura
Scendendo nuovamente verso il livello del mare, Eric Titus—proprietario di Titus Vineyards, nella St. Helena AVA della Napa Valley—coltiva Cabernet Sauvignon in una parte di fondovalle che confina con il fiume Napa. Con temperature diurne più elevate rispetto ai siti collinari della valle, Titus si affida ai venti pomeridiani che risalgono quotidianamente la valle, offrendo un effetto rinfrescante che previene la surmaturazione. Descrivendo il suo Titus Vineyards Estate Cabernet Sauvignon come un “rosso importante, di corpo pieno, strutturato ma fruttato”, spiega che è godibile già in gioventù, ma con ottime capacità di invecchiamento.
Mitigazione del cambiamento climatico e vini di alto livello
Mentre molti produttori nel mondo cercano quote più alte per mitigare gli effetti del riscaldamento climatico, altri hanno scelto di piantare vigne in montagna con l’unico obiettivo di produrre vini di altissimo livello. Cinzano racconta che quando suo nonno piantò per la prima volta il vigneto Poggio al Vento nel 1980, il Brunello di Montalcino non aveva ancora raggiunto la fama di cui gode oggi, mentre all’epoca i gusti dei consumatori erano orientati verso vini molto concentrati, dal frutto maturo e con marcato impiego di legno. “Scegliere un suolo e un’altitudine che donassero eleganza e freschezza al Sangiovese fu, a quel tempo, una scommessa”, afferma. A quasi cinquant’anni di distanza—di fronte al cambiamento climatico e a un’evoluzione generale dei consumatori verso vini più leggeri ed equilibrati—è evidente che si trattò di una scelta vincente.
Articolo di Robbreport.com
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