Dal processo antichissimo con cui ha iniziato creando gioielli alle monumentali sfere apprezzate anche all’estero. Ecco come lavora alle sue opere Arnaldo Pomodoro, uno dei più grandi artisti italiani contemporanei.
Il primo ricordo? “Le rocce, le fenditure aspre e misteriose” del suo Montefeltro, ha confessato in un’intervista Arnaldo Pomodoro (Morciano di Romagna, 1926), celebre per le sfere in bronzo che, in contrasto con la levigata perfezione della superficie, sembrano spaccarsi per rivelare -proprio come quelle pietre- la loro natura, “le fermentazioni interne, misteriose e viventi”.
L’enigma della materia, raffigurato attraverso un complesso, magmatico sistema di segni. Il segno è la splendida ossessione del più grande scultore vivente. Segno come “scrittura arcaica e illeggibile”, dice, fil rouge di tutto il suo immaginario creativo. Dalle esperienze giovanili con i gioielli, che realizza con “una tecnica di sapore primitivo, conosciuta nella vecchia bottega di un orafo a Pesaro, la fusione con l’osso di seppia”, alle sculture monumentali, risultato di un processo antichissimo, la fusione a cera persa.
Le tecniche di lavorazione di Arnaldo Pomodoro
Per i rilievi, i bassorilievi e certe opere grafiche Pomodoro utilizza, invece, una tecnica di lavorazione “in negativo”. Con l’ausilio di una variegata famiglia di utensili e strumenti, imprime su un piano di argilla le tracce, i solchi, i graffi, i sigilli scritturali del suo linguaggio inconfondibile. Ne ottiene così una matrice che, al termine della colatura, diventa scultura.
Analogo il procedimento per le stampe a rilievo. I segni impressi sulla creta vengono trasferiti in positivo sulla carta attraverso un processo di stampa che, in virtù della pressione del torchio, permette al fragile foglio di ottenere effetti a rilievo, di qualità quasi scultorea.
Tutti segreti che è possibile scoprire alla Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano, voluta dall’artista nel 1995 per la conservazione e valorizzazione della propria opera, ma anche come “casa della scultura” aperta alla rilettura dell’arte del Novecento. Uno spazio inventivo, di studio e confronto, con un coinvolgimento globale del pubblico.
Articolo tratto dal numero estivo di Robb Report
Immagini courtesy Fondazione Arnaldo Pomodoro
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