Prodotta dal 1971 al 1992, questa vettura esotica alimentata da un V-8 è stata una protagonista assoluta del suo tempo e continua a essere una delle preferite dagli appassionati.
Alejandro De Tomaso, industriale argentino, ha iniziato la sua carriera come pilota, alimentando così la sua passione per le automobili. Dopo aver ottenuto successo negli affari, fu proprietario di Maserati dal 1976 al 1993 e della sua azienda omonima, De Tomaso Automobili, dalla fondazione nel 1959 fino alla sua morte nel 2003.
De Tomaso Pantera, la “cattiva ragazza”
La creazione più conosciuta di quest’ultima è la Pantera. Con il suo stile aggressivo e la potenza travolgente ha saputo rappresentare al meglio la sua epoca, al pari delle più costose Ferrari e Lamborghini. Il modello divenne ancora più famoso nel 1984, quando Vince Neil, frontman dei Mötley Crüe, si schiantò con la sua Pantera tornando da una beer run, causando la morte del batterista dei Hanoi Rocks, Razzle. La Pantera venne così consolidata per sempre come la “cattiva ragazza” delle esotiche italiane.
La Pantera fu preceduta dalla De Tomaso Mangusta, ancora più affascinante e altrettanto difficile da guidare. Una macchina poco equilibrata, di cui furono prodotti solo 401 esemplari tra il 1967 e il 1970. La De Tomaso Pantera, infinitamente più riuscita, veniva venduta dai concessionari Lincoln Mercury negli Stati Uniti al prezzo, allora elevato, di 9.600 euro. Ed è la vettura più accessibile. La rete di concessionari suggeriva che il motore, nascosto sotto il lungo cofano posteriore, non fosse di origine europea.
La potenza americana nei cuori italiani
La Mangusta e la Pantera erano veri ibridi. Il termine in questo contesto non si riferisce a veicoli con assistenza elettrica, ma alla soluzione adottata da ingegneri italiani che non potevano permettersi costosi V-12 italiani, optando per i potenti V-8 americani. Molte delle più interessanti sportive e gran turismo degli anni ‘50, ‘60 e ‘70 erano alimentate da muscolosi motori americani a otto cilindri. Questo perché all’epoca costavano meno di quanto oggi valgano alcuni accessori come i dadi delle ruote Borrani.
La mano di Tom Tjaarda e il debutto della Pantera
La Pantera fu una di queste. Fu creata da Tom Tjaarda, designer statunitense allora impiegato presso Ghia. Tra i suoi altri progetti figurano la Fiat 124 Spider, sotto Pininfarina, la Ferrari 365 California Spider che fu un capolavoro e la prima generazione della Ford Fiesta, notevole a modo suo. La sua creazione più vistosa fu proprio la Pantera, che debuttò nel 1971 con grande clamore. Questo modello ebbe una lunga carriera con numerose varianti, culminando con la 90 Si, rinnovata da Marcello Gandini nel 1990 e molto simile al modello originale. Con un layout a motore centrale, utilizzava un telaio monoscocca in acciaio, il primo per De Tomaso. Dietro al conducente era posizionato un massiccio motore V-8 da 351 pollici cubici, abbinato a un cambio ZF a cinque marce, simile a quello della Ford GT40.
Il successo e la fine della Pantera
Negli Stati Uniti, i concessionari Lincoln Mercury promuovevano la De Tomaso come l’auto sportiva di punta di Ford. Questo successe fino a quando, dopo aver venduto circa 5.500 esemplari negli Stati Uniti, Ford interruppe l’importazione nel 1975. In Europa, invece, continuarono a essere prodotte versioni sempre più estreme della Pantera, molte delle quali oggi possono essere importate negli Stati Uniti. Questa vettura fu anche impiegata nelle competizioni da squadre private nelle categorie Gruppo 3, 4 e 5, con risultati per lo più modesti. La produzione del modello terminò nel 1992, con circa 7.260 esemplari realizzati in totale.
Il fascino delle prime versioni e il mercato odierno
I puristi apprezzano le prime Pantera con piccoli paraurti cromati. Prima che i paraurti in gomma a tutta larghezza rovinassero l’aspetto pulito delle estremità anteriore e posteriore. I valori dipendono più dalle condizioni che dall’anno o dalla variante del modello e variano da 77.000 euro per un’auto in buone condizioni a 144.000 euro o più per un esemplare in condizioni da concorso. I potenziali acquirenti dovrebbero ripetersi il mantra: “Comprare la migliore auto che posso permettermi”.
Sfide e possibilità di restomod
Va anche considerato che restaurare una Pantera non è un’impresa semplice, nonostante la disponibilità di pezzi di ricambio per il robusto V-8. La ruggine è un problema significativo, così come le modifiche apportate dai precedenti proprietari, che hanno deturpato molte Pantera con miglioramenti discutibili (paragonabili a interventi di chirurgia plastica mal riusciti su celebrità). L’alternativa è vedere la Pantera come una “supercar” italiana la cui relativa accessibilità consente di creare un restomod audace, portando nell’era moderna l’atmosfera di capelli vaporosi e heavy metal.
Articolo di Robbreport.com
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