Una lunga, persistente febbre planetaria, da Mick Jagger ai Pink Floyd a Harry Potter, ha contagiato musica, letteratura, cinema, pubblicità, design. A scatenarla Maurits Cornelis Escher (1898- 1972), l’incisore e grafico olandese autore di quelle geometrie dell’inquietudine, riunite in una rassegna itinerante, record d’incassi, a Firenze fino al 26 marzo in una sede inedita quale il Museo degli Innocenti, nel complesso monumentale di Filippo Brunelleschi. Scrigno in permanenza di altri capolavori: Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Luca e Andrea della Robbia.
Maurits Cornelis Escher in mostra a Firenze

Sphere Spirals, xilografia, 1958
In mostra qualcosa come 200 lavori tra incisioni e litografie, esemplari di una ricerca al limite dell’ossessione e dell’incubo. Sono immagini ipnotiche, spiazzanti, surreali, dove si combinano le conquiste della scienza e quelle dell’arte. Escher studia la teoria della relatività di Einstein, guarda ai movimenti d’avanguardia europei e si arrende al fascino esotico dei mosaici moreschi dell’Alhambra, che nella ripetizione senza fine di motivi sempre uguali gli schiude il brivido del concetto di infinito.

Da sinistra: Mano con sfera riflettente, litografia 1935, Buccia, xilografia, 1955
Con un gioco spericolato di ambiguità metamorfiche, percezioni illusorie, distorsioni prospettiche dagli effetti paradossali, l’artista porta a limiti estremi le possibilità della visione. “Non posso esimermi dallo scherzare con le nostre inconfutabili certezze”, ha detto delle sue invenzioni, capaci di dilatarsi fino a evocare in simultanea mondi inconciliabili.

Relatività, litografia, 1953
Succede in Relatività (tra i suoi capolavori), architettura impossibile tutta scale, percorse da figure su cui agiscono sorgenti gravitazionali opposte e in Sole e luna, che rappresenta insieme il giorno e la notte. Succede in Mano con sfera riflettente, in cui il soggetto si sdoppia tra la mano che regge la sfera e la scena riflessa sulla superficie, che è poi lo stesso Escher seduto nel suo studio.
Le opere dedicate all’Italia

Giorno e notte, xilografia, 1938
Insospettabile – e bellissimo – il nucleo dei paesaggi italiani, autentica dichiarazione d’amore per il Belpaese, eseguiti nel corso degli anni (1923-1935) in cui il “maestro dei mondi impossibili” visse con la moglie a Roma. Ecco i tetti medievali di Siena sullo sfondo della Torre del Mangia, i borghi della Calabria e degli Abruzzi, le violente e mai dimenticate suggestioni della Costiera amalfitana. Una terra in verticale, da cui lui – assuefatto agli orizzonti lineari dei Paesi Bassi – rimase letteralmente folgorato.
Immagini courtesy Museo degli Innocenti
Articolo tratto dal numero invernale di Robb Report
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