Nelle residenze mediterranee di Orna Tamir Schestowitz la luce diventa linguaggio progettuale.
C’è un dialogo silenzioso che si instaura tra materia e luce. Accade sempre, ma è visibile solo a chi ha gli occhi giusti per vedere. Orna Tamir Schestowitz, designer, artista e curatrice, lo ha trasformato nella cifra stilistica della sua ricerca. Il suo lavoro si nutre di un’intima comprensione della vita mediterranea, un equilibrio tra forme e colori in cui il sole è il motore di una narrazione visiva e sensoriale.
Le case mediterranee come narrazione visiva
“Vivere nel bacino Mediterraneo significa convivere con il sole, comprenderne il ritmo e organizzare la propria vita in sua funzione”, spiega la designer. Una visione che traspare nelle dimore protagoniste del volume uscito a marzo per Rizzoli Mediterranean Homes: The Art of Embracing Light, un’esplorazione delle sue ville a Tel Aviv, Cap Ferrat e Paros, ritratte dal fotografo Dudi Hasson. Qui, negli spazi invasi dalla luce, Orna Tamir Schestowitz combina icone del design, opere d’arte contemporanea e le sue ceramiche – come la serie Seeds of Heritage, un tributo all’abbondanza della natura – per creare ambienti che risultano al tempo stesso curati e vissuti con spontaneità. “Il design non riguarda le regole,” afferma. “Si tratta di creare armonia, un legame intuitivo tra lo spazio, i suoi elementi e le persone che lo abitano.”
L’archivio personale di Orna Tamir Schestowitz
Collezionista appassionata, innamorata dell’espressione artistica di Jean Cocteau, Fernand Léger e Picasso, nelle sue dimore mescola in libertà il suo archivio personale: dalle ceramiche di Vallauris agli arredi di Lina Bo Bardi, dai tessuti tradizionali fino ai piatti raccolti in 30 anni attorno al mondo. “Combino oggetti di epoche e luoghi diversi, ma sempre legati da una storia comune”.
Il Mediterraneo come codice estetico di Orna Tamir Schestowitz
Dal sud della Francia alla Grecia, fino a Israele, la sua ricerca si snoda attraverso geografie fisiche ed emotive, dove ogni elemento è pensato per instaurare un dialogo con il luogo in cui si trova. “Uno spazio deve riflettere il suo ambiente, la sua cultura e le persone che lo abitano. Le case di Paros e Cap Ferrat sono entrambe legate all’essenza del Mediterraneo, ma in modi diversi. Paros rappresenta la semplicità e la connessione. Cap Ferrat, invece, porta con sé la storia artistica e culturale della Francia degli anni ’60”. In questo viaggio, il Mediterraneo non è solo uno scenario, ma un codice estetico e valoriale che la designer ha saputo tradurre in linguaggio progettuale. “La luce e il sole sono tutto per me”, confida. “Ogni spazio che progetto è costruito con il sole e i suoi effetti in mente”. E in questa sensibilità, la poetica del suo lavoro si fa racconto universale.
Articolo tratto dal numero estivo di Robb Report Italia
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Robb Report Iscriviti