Una sperimentazione continua per creare abiti di massima eleganza, spesso lavorati come neppure i geniali giapponesi con i loro kimono. Pieghe, plissettature, perfettissime geometrie che hanno reso i tessuti vere opere d’arte. Le creazioni di Roberto Capucci sono da ammirare al Labirinto della Masone.
Terrorizzato dalla volgarità, dalla sciatteria, dalla bruttezza, ha perseguito in aristocratica, solitaria ricerca un ideale supremo di bellezza. Con creazioni che non sono mai state abiti tout court, ma monumenti da indossare, sculture per il corpo.
Seriche armature come recita il titolo del tributo a Roberto Capucci (Roma, 1930) da parte del Labirinto della Masone di Fontanellato. Una mostra prolungata fino al 16 aprile, intessuta sul dialogo di abiti e schizzi preparatori con le opere delle collezioni d’arte dell’amico Franco Maria Ricci.
Che trent’anni fa, nel 1993, dedicò a Capucci un volume della collana Luxe, calme et volupté, dove si esplorava l’universo della moda attraverso i lavori degli stilisti più geniali del Novecento.
La mostra di Roberto Capucci
Questa esposizione nasce in ricordo di quel libro per celebrare la carriera di un fuoriclasse dello stile, che Christian Dior salutò fin dalla prima ora come “enfant prodige”. L’inesausta sperimentazione sui materiali e sulle forme ha generato creazioni stupefacenti, indossate da miti quali Gloria Swanson, Marilyn Monroe, Jacqueline Kennedy, Elsa Martinelli.
Rita Levi Montalcini indossava un suo abito quando ritirò il premio Nobel per la Medicina nel 1986. La preferita? Silvana Mangano, “donna meravigliosa, timida, silenziosa”; per lei, su invito di Pier Paolo Pasolini, Capucci disegnò i costumi del film Teorema.
Architetture da indossare
Ipnotizzato dalle forme circolari, dalla voluttuosità dei materiali preziosi (la seta in particolare), dalle plissettature enfatiche e impossibili, Capucci si è ispirato alla natura per i suoi modelli a farfalla, a ruota di pavone, a tulipano, a corolla, a cascata di fiori.
Per la Biennale di Venezia del 1995 ha realizzato 12 abiti su suggestione del mondo dei minerali. Pietre come il lapislazzulo, l’ossidiana, il diaspro, la pirite gli suggeriscono vertiginose evoluzioni formali giocate su intricate dialettiche di volumi, su scatenate feste di volute, spirali, nervature, su delicati equilibri di spinte e controspinte al pari di sontuose architetture barocche “nelle quali il corpo può abitare”.
La sfida di Roberto Capucci
Per il padiglione italiano dell’Expo di Lisbona del 1998, tutta dedicata ai mari, Roberto Capucci si è misurato con una sfida. Dare corpo solido all’acqua, fissare nel tessuto il movimento dell’onda, l’increspatura della superficie al contatto dei venti e delle correnti, i mille colori, sfumature, viraggi dell’elemento liquido.
Così è nato Oceano, capolavoro in taffetà plissettato su 27 gradazioni di azzurro. Ogni abito un pezzo unico, che richiede mesi e mesi di lavoro con costi iperbolici. “Roberto Capucci – dice Antonio Marras – è un matematico e un botanico, è ingegnere aereospaziale e il piccolo principe di Saint-Exupéry che chiede di disegnare una pecora per mangiare il baobab”.
È insomma la magica fusione tra inesorabile rigore e spericolata fantasia.
Articolo tratto dal numero primaverile di Robb Report
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