Se Renato Ratti ha “inventato” il vino più celebre e apprezzato d’Italia, il figlio Pietro, che ne ha raccolto il testimone, continua a stupire con nuove acquisizioni di vigne e nuovi vini. L’ultima uscita? Il Barolo Serradenari Ratti 2019.
Articolo di Mike DeSimone e Jeff Jenssen
Renato Ratti è stato l’uomo che ha messo – letteralmente – il Barolo sulle mappe. Dopo avere acquistato un piccolo appezzamento di terreno nel comune di La Morra e avere imbottigliato il suo primo Barolo nel 1965, Ratti disegnò la prima mappa dei vigneti “cru” di Barolo, stabilendo il concetto di terroir nel contesto del vino italiano. Costruì la sua omonima cantina nel 1968 e morì, all’età di 54 anni, nel 1988.
Quasi 30 anni dopo, il figlio e successore, Pietro, ha acquistato quello che considera il gioiello della corona delle numerose proprietà della famiglia: la tenuta Cascina Sorello, nella parte meridionale di Serradenari. Con un’altitudine di oltre 1.400 metri sul livello del mare, si trova a una delle più alte quote di coltivazione dell’uva nella regione. Altrettanto importante è il fatto che sia all’interno di una Mga (menzione geografica aggiuntiva), una delle 181 località geografiche specifiche della regione del Barolo, l’equivalente di un vigneto cru.
Barolo Serradenari Ratti 2019, nuova era
La prima bottiglia uscita da Cascina Sorello dopo l’acquisizione è il Barolo Serradenari Ratti 2019, risultato di un’annata che Pietro definisce da collezione. Le condizioni climatiche, dice, “hanno permesso la produzione di un vino molto complesso, adatto all’invecchiamento. Il Barolo Serradenari Ratti 2019 presenta aromi di prugne viola, violetta e cedro. Tannini levigati e acidità ben integrata avvolgono sapori di bacche nere e rosse, foglie di salvia sbriciolate e anisetta. Da bere subito o da conservare fino al 2039”. Come il 2016, l’annata 2019 mostra note più delicate al naso, più floreali e, nel complesso, più finezza”.
Dopo due annate “più accessibili, la calda e opulenta 2017 e la fresca ed elegante 2018, la 2019 è più classica”, spiega Pietro, che ha preso in mano l’azienda a soli 20 anni, con l’aiuto del cugino Massimo Martinelli, che era stato il braccio destro di Renato.
Ha iniziato ad acquistare appezzamenti di terreno a La Morra nel 1990 e dal 2004 i suoi Barolo sono prodotti solo con uve di proprietà. I decenni trascorsi a perfezionare le idee e le tecniche del padre hanno portato ad alcuni dei migliori vini nella storia della storica etichetta. A partire dall’annata 2015 – la 50esima da quando Renato acquistò per la prima volta i frutti del cru Marcenasco – l’azienda è conosciuta semplicemente come Ratti, in omaggio sia al padre sia al figlio.
Amore a prima vista
Pietro ha visitato per la prima volta la tenuta di Cascina Sorello nel 2017, trovandola “una sorpresa totale”. Descrive il sito come un “perfetto anfiteatro di 11 ettari di Barolo, unico nel suo genere, che guarda direttamente alle nostre bellissime e imponenti Alpi”, con le brezze montane regionali che determinano un microclima più fresco. Le uve provenienti da poco più di un ettaro di vigneto sono state utilizzate per produrre circa 5.000 bottiglie della prima annata di Serradenari. Da non perdere.
Articolo tratto da numero invernale di Robb Report
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