Pescare, cacciare (senza danni per le prede) e trovare tesori nascosti nei boschi e in campagna è più che un piacere. Una pausa dove ritrovare attimi di quiete, atmosfere, sapori di altri tempi.
Le giornate che si accorciano, le prime foschie, le temperature meno aggressive che fanno dimenticare una torrida estate africana. La voglia di esprimere e vivere passioni intense ma più intime.
Di ritrovare il calduccio dato da un vecchio camino in salotto dopo una giornata passata a camminare nei boschi, a caccia di tartufi e di funghi, di castagne e di silenzi, tutti prodotti dell’autunno che si affaccia ancora timido a riprendersi un ruolo importante, uno spazio odoroso di legna, di erbe, di frutti da gustare per sentirsi parte di un universo che segue i tempi ancestrali dettati dalla natura.
Autunno, il momento per lasciare spazio a momenti di condivisione e ad altri in cui, pescando in un lago, in un fiume o seguendo uno straccio imbevuto di profumo di volpe a cavallo del proprio destriero, si rivive l’eterna stagione in cui l’uomo torna a contatto con la sua parte più vera.
La filosofia della mosca
Tutto cominciò 1800 anni fa. O almeno così ha lasciato scritto il romano Claudio Aelianus che nella sua opera sulla natura degli animali raccontava come i pescatori macedoni insidiassero pesci dalla livrea puntinata (le trote fario, probabilmente) sul fiume Astraeus, con ami avvolti da fili di lana rosso cremisi e piume del bargiglio del gallo di colore della cera, a imitazione di un moscerino indicato con il nome di hippourus.
Ma riferimenti alla pesca a mosca sono stati trovati studiando reperti pervenuti da epoche storiche diverse come le pitture rupestri scoperte recentemente nella zona di Postumia e un bassorilievo egizio conservato al British Museum di Londra, raffigurante un pescatore che utilizza una lenza alla cui estremità sono legate esche simili a farfalle. Le prime tracce della pesca a mosca moderna si trovano però in Inghilterra, considerata la patria di questo sport, a cominciare dal XIII secolo.
La stagione della pesca a mosca
Praticata nei secoli come metodo per procurarsi cibo ed evolutasi poi in sport, è arrivata fino ai nostri giorni nei torrenti, fiumi, canali, laghi e mari di tutto il mondo. In ogni paese sono state ideate e continuano a nascere tecniche, materiali ed esche a dimostrare che la passione, l’osservazione e il rispetto del mondo che ci circonda sono il motore migliore per le innovazioni e il progresso in generale. La stagione migliore per la pesca a mosca è la primavera, al momento della schiusa degli insetti. Si insidiano le prede proprio con esche artificiali a immagine e somiglianza delle larve. Per gli appassionati, anche l’autunno offre occasioni per uscite di pesca al luccio o al cavedano, in attesa dell’apertura della pesca alla trota fissata per febbraio.
In Italia, si può pescare a mosca un po’ in tutti i fiumi e torrenti, anche se i migliori restano quelli alpini e appenninici, soprattutto per le trote. Il Sangro è un fiume importantissimo, una delle culle della pesca a mosca secca della penisola, tanto che a Castel di Sangro c’è il Museo dedicato aperto dalla Scuola italiana di pesca a mosca, mentre un’altra rinomata scuola si trova a Pievepelago sull’Appennino modenese, dove scorre il torrente Scoltenna.
Ma il massimo per ogni pescatore è la pesca del salmone in Scozia sui fiumi Tweed, Dee, Spey e Tay durante la stagione che va da gennaio a novembre. Si può pescare tutti i giorni, esclusa la domenica.
Caccia alla volpe (che non c’è)
Nella caccia alla volpe, la volpe si è fatta più furba. Ha smesso di farsi inseguire e si è messa al riparo della legge. Non è infatti più consentita l’uccisione dell’animale – che tra l’altro faceva una fine orribile, sbranato dai cani – però è consentita la caccia. Una caccia speciale a cavallo che si fa rincorrendo non
più la volpe, ma una astrusa o uno spelacchio (a seconda delle regioni) imbevuto dell’odore della volpe e trascinato da un cavaliere che, un’ora prima, va in fuga nel bosco o sui prati. I cani segugi (fox hound) vengono lanciati all’inseguimento e un suono di tromba dà il via alla caccia.
L’appuntamento, di solito in una tenuta storica, è fissato alle 11 di tutte le domeniche, dalla prima di ottobre a Natale e dal disgelo circa a metà febbraio fino a metà maggio. Arrivando all’appuntamento si deve salutare il Master, chiedendo di essergli presentati se non si è già conosciuti. Ci si deve quindi presentare al Field-Master per regolare il cap di partecipazione. Se la riunione ha luogo in una proprietà privata, occorre anche presentarsi e ringraziare i padroni di casa.
La tenuta di caccia per i cavalieri è questa: giacca da cavallo nera o di tweed, pantaloni beige, cravatta a plastron bianca, panciotto da caccia, stivali neri senza risvolti o marroni, guanti. La tradizionale bombetta è oggi sostituita da cap o casco coperto di velluto regolamentari. Le amazzoni possono montare in giacca blu, i ragazzi devono obbligatoriamente indossare il cap o il casco. La tenuta in cilindro e coat rosso è riservata ai soci di ogni società di caccia.
La caccia termina al “kill” (che, nonostante il nome, ha sostituito l’uccisione della volpe con la distribuzione del premio ai cani). È il culmine della riunione, in cui ci si complimenta reciprocamente per la riuscita della giornata, commentando i passaggi più difficili affrontati insieme. È considerata grande scortesia non partecipare a questo rito, allontanandosi per rientrare ai van senza ringraziare il Master e attendendo che, risalito in sella, abbia riavviato la muta al luogo dell’appuntamento.
I tesori del bosco
Il periodo di raccolta del tartufo bianco pregiato va da inizio ottobre a fine dicembre. Per l’estrema delicatezza di questo tuber, molto sensibile ai mutamenti che avvengono nella zona circostante, occorre preservarne l’habitat naturale e aspettare che sia giunto alla giusta maturazione.
Per provare l’esperienza della “cerca e cavatura del tartufo”, patrimonio immateriale dell’Unesco, Savini Tartufi organizza, per clienti e appassionati, la Truffle Experience, una giornata che inizia con la ricerca del tartufo e finisce a tavola a gustare i frutti del bosco. Una mattinata assieme a Luca e Andrea, tartufai di fiducia e i loro cani, alla scoperta dell’affascinante mondo del tartufo dal bosco alla tavola, dove gustare le prelibate ricette di Luciano Savini accompagnate dai tartufi cacciati poco prima.
Il tartufo bianco
Le piogge sono drasticamente diminuite e questo è un problema per i cercatori di questo prezioso fungo ipogeo. Di tartufi purtroppo ce ne sono sempre meno e di dimensioni inferiori, a parte qualche eccezione. Per non sbagliare, meglio affidarsi agli esperti. Che soprattutto nella zona di Alba (dove dall’8 ottobre al 14 dicembre si tiene la celebre Fiera Internazionale del Tartufo Bianco) sanno indirizzare e valutare correttamente i prodotti offerti ai tanti appassionati, dai cercatori di tartufi.
Ancora di più occorre affidarsi a chi conosce bene i funghi per fare valutare il frutto delle ricerche dei tanti appassionati che d’autunno vanno a caccia di porcini. Mentre per le nocciole, altra delizia d’autunno, bastano un cestino e voglia di trovare l’albero migliore.
Articolo tratto dal numero autunnale di Robb Report
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